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Festival dello Sviluppo sostenibile 2020: il racconto dei tre eventi ospitati a Villa Fernandes
22-10-2020 10:30

Spreco alimentare, stili di vita sostenibili e permacultura al centro degli eventi pubblici con cui il nostro bene comune ha aderito al Festival curato da ASviS.

Dal 7 al 14 ottobre 2020 Villa Fernandes – hub creativo bene comune sostenuto da Fondazione CON IL SUD e Fondazione Peppino Vismara – ha preso parte al Festival dello Sviluppo sostenibile 2020 promosso da ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Tre gli eventi aperti al pubblico inseriti nella programmazione nazionale, in linea con gli obiettivi di ripensamento del territorio e degli stili di vita, personali e collettivi, su cui il Festival da sempre pone l’attenzione e attraverso cui Villa Fernandes ha inteso ribadire la propria natura di laboratorio di idee, proposte, progetti che guidino e orientino lo sviluppo territoriale, attraverso una visione non solo locale ma europea.

Ad aprire il calendario, l’inaugurazione della settima edizione del Portici Science Cafè, il ciclo di incontri dedicato alla divulgazione scientifica facente parte della rete dei Caffè-Scienza italiani.

Tema del dibattito l’“Insostenibilità dei sistemi agroalimentari. Il caso dello spreco alimentare”; a parlarne, in qualità di esperto, Fabio Verneau, del Dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” che ha affrontato la questione e il suo impatto ambientale soffermandosi, in particolare, sulla potenziale attuazione di politiche di contrasto al problema, abbinate alla lotta alla fame e alla povertà alimentare.

Lo spreco di cibo, infatti, continua ad essere un problema drammatico in quanto l’offerta agro-alimentare eccede le necessità umane: ciò significa che si produce troppo e male, e mentre in una parte di mondo vi sono aree densamente denutrite, dall’altro vi sono aree con estesi problemi di sovrappeso.  

Secondo l’Istat, nel 2018 in Italia si stima siano oltre 1,8 milioni le famiglie in condizioni di povertà assoluta, con un’incidenza pari al 7,0%, per un numero complessivo di 5 milioni di individui (8,4% del totale). Un dato doloroso, soprattutto se rapportato a quello sullo spreco di cibo nel nostro Paese.

Pertanto, proprio partendo da questo aspetto, durante la conversazione è stato presentato un progetto coordinato dai proff. Musella e Verneau, svoltosi nel 2017 nell’ambito del Centro storico di Napoli in collaborazione con l’ANCI. La metodologia adottata ha previsto l’individuazione di un campione di operatori commerciali esistenti nella III Municipalità e attivi nel settore della ristorazione (pub, bar, rosticcerie, panetterie) con l’obiettivo di procedere, in primis, a una riduzione degli sprechi e successivamente alla destinazione del cibo invenduto a persone indigenti. Ciò al fine di creare un modello di buone prassi da consolidare nel territorio napoletano e in altre aree del Sud Italia.

A tal fine è stata costituita un’Associazione di Promozione Sociale Assonec (Associazione Napoletana per l’Economia Circolare) con lo scopo di creare una rete di esercizi commerciali disposti a cedere all’associazione le eccedenze giornaliere da distribuire, poi, a quelle persone bisognose che per comprensibili motivi di riserbo non partecipano alle mense Caritas o di altre  strutture caritatevoli.

L’indagine ha riguardato un campione di circa 1.000 attività, tra cui ristoranti, mense, bar, pasticcerie e gelaterie e ha evidenziato che il cibo invenduto, ma ancora utilizzabile per l’alimentazione, nel solo centro storico di Napoli ammonta a 2,5 milioni di pasti. Una cifra che consentirebbe di sfamare 3.000 individui l’anno. Numeri importanti, che fanno riflettere su quanto sia necessario, oggi più che mai, fare squadra per creare un modello vincente di contrasto e prevenzione che in forma capillare parti dal locale per estendersi lungo tutto lo stivale.

La lotta allo spreco alimentare e alla povertà alimentare, infatti, non si traduce soltanto nella raccolta di cibo ma anche nella necessità di avere una organizzazione territoriale diffusa che coordini e controlli l’intero processo operativo in modo efficiente.

Rilevante, in merito, l’intervento di Antonio Capece della coop. Ambiente Solidale che ha presentato “Condivido per non sprecare», l’iniziativa promossa dalla suddetta cooperativa in collaborazione con la Caritas Diocesana di Napoli e l’associazione CAIR (Comitato Assistenza Istituti Religiosi) nata per ridurre l’incidenza del fenomeno della povertà alimentare distribuendo cibo agli enti associati che assistono persone e famiglie indigenti nel territorio della diocesi napoletana. Per chi intende contribuire al progetto i tre enti hanno lanciato una piattaforma web ad hoc che mette in contatto le aziende che intendono fornire prodotti alimentari con i volontari disposti, invece, a fornire parte del loro tempo per l’encomiabile finalità.

Ad oggi, mensilmente, si distribuiscono 1000 quintali di prodotti a circa 120 strutture caritative provenienti dal Programma Operativo Fondo di Aiuti Europei agli Indigenti attraverso Agea, l’Agenzia per l’Erogazione in Agricoltura.

Ancora una volta, dunque, iniziative che partano dal basso e coinvolgono enti della società civile organizzata si rilevano vincenti e offrono soluzioni replicabili che non solo evitano lo smaltimento di prodotti alimentari, ma anche di sprecare inutilmente il costo ambientale che il processo di produzione e trasformazione degli alimenti comporta. Ovvero di attuare un dispendio pericoloso di energia, di acqua, di risorse umane.

Del resto, come afferma da sempre Slow Food, ridare valenza etica al cibo è la priorità e distaccarsi dalla tendenza ormai diffusa nella nostra società di mercificarlo come fosse un oggetto qualunque recuperndone il valore è necessario se si intende combattere radicalmente il fenomeno dello sperpero in campo agro-alimentare.

Secondo evento ospitato quello svoltosi venerdì 9 ottobre, ovvero il convegno “Ricominciare dalla qualità della nostra cittadinanza: nuovi stili di vita per una nuova città” con ospite Francesco Del Pizzo, docente di Sociologia e Dottrina sociale della Chiesa.

Illustrati gli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030, letti alla luce della “Laudato sì”, Del Pizzo ha innanzitutto sottolineato quanto l’enciclica di Papa Francesco non sia solo un invito all’azione responsabile per i cattolici, ma un vero e proprio strumento utile all’orientamento dell’azione politica mondiale, raccogliendo in sé lo studio di valenti scienziati e studiosi di tutto il mondo.

In particolare, la disamina condotta dall’esperto ha mostrato l’intima connessione tra tutti i tipi di sviluppo che ci si propone: economico, sociale, ambientale. Oggi, infatti, diffusa è la consapevolezza che lo sviluppo non può che essere sostenibile, mirato cioè ad integrare tutti gli aspetti della vita dell’uomo sul nostro pianeta e sull’intero cosmo in quanto riguarda tutti gli aspetti della sua azione. L’agire contrariamente a ciò, è provato genera l’alterazione significativa del nostro habitat e del nostro tessuto sociale, e corre inevitabilmente verso la sua rovina.

In veste di correlatore Antonio Capece, responsabile del progetto Villa Fernandes, che ha spiegato come la visione attraverso cui è la Villa è ri-nata a bene comune è in sintonia con un discorso ampio e integrato di sostenibilità,  poiché tutte le azioni e iniziative mese in campo sono improntate al rispetto dell’ambiente circostante e attente alle ricadute sociali.

Il progetto Villa Fernandes, d’altronde, nasce non solo come impresa sociale – attenta a creare opportunità formative e lavorative anche per persone con difficoltà o fuori dal mercato del lavoro per età, e aderendo a progetti che mirino ad aumentare la consapevolezza, l’uso responsabile delle risorse, l’autonomia -, ma anche come luogo capace di interpretare, intercettare e incentivare interventi concreti e “trasformativi” del territorio, unendo in rete più realtà associative, aperte al confronto e all’ascolto.  L’obiettivo che ci si prefigge di raggiungere è quello di rispettare un vero e proprio patto generazionale, in cui la società civile è in grado di mettere in moto meccanismi sani e etici ripensando alla città non come semplice luogo di convivenza civile, ma come tessuto di relazioni capace di creare le condizioni per dare vita ad una vera comunità; capace di riscoprire il valore del sogno, dell’unione delle forze per proporsi i grandi obiettivi che la collaborazione tra cittadini e istituzioni possono realizzare insieme.

È dalla cittadinanza attiva, dunque, che possono generarsi percorsi di piena sostenibilità, ispiratori e promotori dell’azione politica di più ampio e oculato respiro.

A chiudere l’incontro, le parole tratte dall’ultima enciclica del Papa che riportano alla capacità di sognare insieme come metodo necessario per costruire fraternità e pace.

Ultimo appuntamento della programmazione porticese, l’evento del 14 ottobre dal titolo “Permacultura e Stem: Una nuova educazione per affrontare le sfide contemporanee” che ha inteso presentare il progetto Europeo Living STEM a cui stanno lavorando 7 partner di 6 paesi diversi, con l’intento di utilizzare l’esperienza pratica della permacultura per coinvolgere gli studenti tra i 10 e i 14 anni nelle materie scientifiche.

Per essere meglio equipaggiati per le sfide future soprattutto in campo ambientale c’è, infatti, una grande necessità di competenze STEM (Scientifiche Tecnologiche Ingegneristiche e Matematiche). Tuttavia, oggi, la competenza delle materie scientifiche è spesso carente con il 22,2% dei quindicenni europei che presentano risultati insufficienti in matematica e con il 20,6% in scienze, secondo i risultati PISA, che denunciano un forte bisogno di miglioramento.

A presentare le azioni compiute e i risultati conseguiti, Gemma La Sita – coordinatrice Livingstem per EDU lab che si è soffermata sulla necessità di  innovare la didattica per rispondere alle nuove sfide ambientali; Marina Ferrara – educatrice globale e ambientale il cui intervento si è incentrato sul rapporto tra permacultura, scuola e educazione e il bisogno di riconnettere le nuove generazioni alla natura per formare cittadini consapevoli; Valentina Piccioli – Formatore specialista in elearning, che ha invece spiegato gli strumenti e le attività innovative per insegnare le STEM.

Ad emergere l’esigenza di innovare temi e metodi per fare didattica trovandosi, di fatto, dinanzi a studenti iper stimolati dalla tecnologia che dovranno trovare altrettanti stimoli per diventare i cittadini consapevoli del domani; di pensare a nuove metodologie non formali e di introdurre il concetto di permacultura inteso, in una accezione ampia, come “permanent culture”, cultura permanente, ovvero durevole nel tempo, capace di rigenerare sé stessa e lo spazio che abita e di creare paesaggi antropizzati che soddisfino da un lato i bisogni primari e sociali, e dall’altro tengano conto dei tempi di rigenerazione delle risorse naturali. Cura della terra, cura delle persone ed equa distribuzione delle risorse sono i tre principi fondanti di questo approccio durevole agli insediamenti umani, che bisogna trasferire soprattutto oggi che l’instabilità degli scenari globali dal punto di vista climatico, ambientale, sanitario e delle disuguaglianze sociali, ha messo a nudo i limiti dell’attuale sistema di sviluppo.

In questo contesto il progetto #livingSTEM vuole offrire un’esperienza didattica completa che collega l’apprendimento in classe con le attività all’aperto attraverso la metodologia del  gioco (gamification) consentendo agli studenti di scoprire l’uso quotidiano delle STEM in ambienti stimolanti. In particolare, potranno scoprire la natura, il cibo e l’ambiente attraverso un approccio basato sulle competenze, che consentirà loro di osservare e utilizzare la propria esperienza per apprendere nuovi concetti, sviluppare nuove abilità e riflettere sui propri stili di vita così diventando attivamente responsabili del proprio processo di apprendimento (tutte le attività e i giochi sono scaricabili dal sito www.livingstem.eu/it).

Al termine, i docenti presenti si sono incontrati per confrontarsi su come poter portare il progetto gratuitamente dentro le scuole.